Storia di Curti
Comune di circa 7100 abitanti, raccolti su di una superficie di 1,73 kmq.
Il Paese è posto a 41 metri sul livello del mare e deve la sua notorietà ad un celebre monumento dell’‘antichità che ne rappresenta ormai il simbolo più evidente: la Conocchia.La Conocchia è un monumento funerario che si erge imponente e maestoso sul percorso dell’‘antica Via Appia che ha subito nel corso dei secoli vari rifacimenti, specialmente durante il periodo borbonico.Di forma conica che ricorda il fuso, l’‘oggetto usato per filare, essa è dotata di undici nicchie cinerarie ove si posavano le urne destinate a tramandare nel tempo il ricordo delle persone illustri.
Vi fu sepolta (sembra), Flavia Domitilla, la matrona romana nipote di Vespasiano che venne perseguitata da Domiziano perchè cristiana.
Eccezionale testimonianza del barocco antico con basamento nel quale si apre una camera a colombario e datata presumibilmente nel II Secolo d. C., la Conocchia può dirsi fra i più significativi monumenti che siano giunti fino a noi conservando "quasi intero" il loro carattere plastico; giacché i notevoli restauri apportati al tempo di Ferdinando IV di Borbone ed ancora più tardi hanno preservato le strutture fatiscenti ma hanno alterato in qualche particolare l’‘aspetto originario.E lungo l’‘Appia, sempre in tenimento di Curti, al tempo dell’‘antica Capua esisteva la "PIAZZA SEPLASIA" conbotteghe di artigiani che preparavano unguenti odorosi e belletti per le belle donne capuane. Gli scavi eseguiti nella zona tra il 1845 ed il 1873, con i rinvenimenti di vasi, anfore e mortai con pestelli portavano principalmente alla luce, però, un santuario monumentale che si ritiene risalente al IV sec. a.C. dedicato alla "Mater Matuta", dea della fecondità venerata a Capua.In quella occasione furono ritrovati un grandioso altare rettangolare di tufo, una dozzina di altri altari sempre di tufo, ma di dimensioni minori, numerosi blocchi di tufo, forse appartenenti alla struttura perimetrale; altre 600 terracotte datate IV e III sec. a.C., circa 150 grandi statue di tufo di "Matres" che reggono in braccio da 1 a 12 neonati risalenti, le più antiche, fino al VII sec. a.C., collezione unica al mondo conservata, oggi, nel Museo Campano di Capua.
La primitiva Curti sarebbe nata, secondo lo scrittore Nicola Teti, sotto i Longobardi, e come sobborgo dell’‘antica Capua; ma in genere gli studiosi solo marginalmente ne hanno parlato, riferendo che era un Casale della Regia Città di Capua, col nome di "Villa delle Curti".
Sembra che Curti ebbe in comune con l’‘antica Capua il governo, la storia e i privilegi; divenendo Comune a sé ai principi del 1800 ed acquistando solo in seguito un proprio stemma.
Per certo sappiamo che la costruzione della Chiesa Parrocchiale di S.Michele Arcangelo risale al 1561.
Antiche poi, le tesi etimologiche sull’‘origine del nome del Comune; in quanto, se alcuni ritengono che esso deriva, da "Coorti", unità dell’‘esercito romano addestrantisi in un galoppatoio del posto, lo storico Teti, riferendosi ad alcune epigrafi latine, alquanto arbitrariamente, sostiene che tale origine etimologica è da ricercarsi nel significato letterale della "Corte" che vuol dire "aia", spiazzo per bacchiare il grano antistante la casa rurale.
La storia di Curti, appellato nei secoli Le Curti o Ville delle Curti, si confonde e si mescola con la storia plurisecolare dell’‘antica Capua, della quale ne fu uno dei più significativi casali. Tale origine è documentata dai resti di antichi monumenti che si trovano sul suo territorio, oltre alla ricordata Conocchia.
Solo con l’‘avvento dell’‘occupazione francese del 1806 Curti, così come gli altri casali della Città di Capua, assume proprie funzioni amministrative autonome.
Un breve profilo più compiuto è quello steso nel 1961 da Don Pietro Iulianiello, parroco della Chiesa di S. Michele Arcangelo, patrono di Curti, in occasione del IV centenario della fondazione della suddetta chiesa parrocchiale, sorta nel 1561.
Ma in quest’‘anno si avrà avuto certamente una nuova fondazione di questa, se consideriamo che già nel 1327 la chiesa di S. Michele di Curti figura tra quelle che pagano la Decima alla chiesa di Capua.
La somma posta a carico dell’‘ecclesia di S. Michele di Curti ascende ad un tarì e mezzo.
Anche lo storico capuano Francesco Granata spende poche righe per Curti nel II volume della Storia Sacra della Chiesa Metropolitana di Capua, Napoli 1766.
Il Granata ci ricorda che in quest’‘anno la chiesa di Curti conta 1456 anime.
Le Congregazioni presenti al suo interno sono quelle di S. Michele fondata nel 1780, del SS. Corpo di Cristo fondata nel 1778, della Madonna SS. Del Rosario, fondata nel 172, di S. Rocco fondata nel 1902 e il sodalizio del Sacro Cuore di Gesù fondato nel 1908
Oltre alla chiesa madre nel paese si contano altre piccole chiese e cappelle di beneficio familiare, come quella della Purità di Maria Santissima della famiglia Ventriglia, la cappella della Madonna delle Grazie, la cappella di S.Pasquale Baylon, La cappella di S.Antonio di Padova della famiglia Pascale.
Si è fatto cenno più sopra alla famiglia Ventriglia, una delle famiglie più cospicue del passato di Curti.
Questa famiglia è stata una delle tante famiglie gentilizie dell’‘antica Capua che poi hanno lasciato il loro nome nei luoghi ove hanno costruito la loro fortuna economica e sociale.
Per Curti l’‘ascendenza della famiglia Ventriglia è stata a lungo principale punto di riferimento per l’‘intero paese per lungo periodo.
La famiglia Ventriglia si è distinta attraverso eminenti pastori donati alla chiesa in varie epoche.
Tra questi spicca per carità e sapere Mons. Giovanni Battista Ventriglia, che fu Vescovo di Caserta dal 1660 al 1662, anno della sua morte.
Alla dignità episcopale saliranno anche altri due religiosi della casata di Curti: Mons. Nicola Ventriglia vescovo di Acerno dal 1703 al 1708 e Mons. Gabriele Ventriglia vescovo di Caiazzo dal 1852 al 1859.
La famiglia Ventriglia ebbe altri rami che da Curti si sparsero a Capua ed a Piedimonte d’‘Alife ove raggiunsero cariche e nomine prestigiose.
Anche nell’‘elenco cronologico dei curati e cappellani della parrocchia di Curti troviamo tre esponenti della famiglia Ventriglia, il primo ne apre addirittura la lista nel 1561.Come spesso capita, in ogni famiglia spunta di tanto in tanto una pecora nera.
E anche questo è il caso della famiglia Ventriglia che, nella seconda metà del XVII secolo, si trovò nel suo seno un altro componente, non certamente edificante.
Si tratta di Don Annibale Ventriglia, curato di Cuzzoli, il paesino vicino Macerata, misteriosamente scomparso a metà Settecento senza lasciare tracce del suo passato dopo una lunga e secolare vita che si è consumata tra le sue strade, le sue case, la sua chiesa ed i suoi abitanti.
Ad animare la vita di Cuzzoli e Curti concorre decisamente questo curato, attratto più dalla vita terrena che da quella spirituale.
Don Annibale Ventriglia si trovò invischiato nel vortice di un processo presso il Tribunale della Curia Arcivescovile di Capua che lo portò direttamente in carcere, anche se, successivamente, fu assolto.
La "macchina" congegnata ai danni del curato fu architettata all’‘interno della sua stessa famiglia.
Un esposto alla Curia di Capua fu presentato a metà ottobre del 1679 da parte di Maria Ventriglia, sorella di Don Annibale, e da suo marito, Antonio di Brigida.
I coniugi di Brigida - Ventriglia con la loro denuncia, tinta di farisaica trepidazione per la salvezza dell’‘anima del sacerdote, accusano il congiunto di "stare concobinato".
Pietra dello scandalo e fiamma ardente del curato, è tale Maria di Rauso, , maritata e madre di tre figli.
Ma alla fine, a giudizio concluso, Don Annibale sarà assolto da ogni colpa che, forse, è da ricercare per altri motivi, specialmente economici.